Tre anni dopo l’alluvione nel Messinese
Era l’uno ottobre di tre anni fa quando i comuni di Scaletta Zanclea, Giampilieri Superiore, Giampilieri Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano di Briga, Briga Superiore, Itala e Pezzolo venivano colpiti da un devastante alluvione che avrebbe fatto ben 37 morti.
Anpas Sicilia si era attivata per l’ evento fin dalle primissime ore dell’emergenza con una squadra di venti volontari che avevano preso parte alla ricerca dei dispersi.
Il 5 ottobre al comitato regionale è stato affidato dal Dipartimento Regionale di Protezione Civile un centro di stoccaggio nel comune di Roccalumera dove si sono susseguiti centinaia di volontari da tutta la Sicilia.
Sono passati 3 anni e il comitato regionale vuole ricordare ancora questi comuni colpiti dall’alluvione e non ancora completamente ripresi con una storia raccolta in quei giorni da una volontaria.
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di Miriam Colaleo
UNA STORIA, TRE ANNI DOPO.
“Manuel è entrato in segreteria in silenzio, ha gli occhi grandi e le mani piccole. Io neanche lo vedo presa come sono dalle carte, dal telefono che continua a squillare, dal fax che non smette un minuto di sputare fuori nuove carte.
Lui si avvicina, sempre in silenzio.
Mi pizzica una gamba, poi mi guarda e con naturalezza mi dice: “Tu sei quella che è venuta a togliere il fango da casa mia?”.
Resto lì a fissarlo senza una risposta e con il fiato sospeso. Lui continua: “Mamma mi ha detto che i miei giocattoli sono sotto il fango. Tu me ne dai di nuovi?”.
Manuel ha 3 anni, forse 4, ed è un bambino di Scaletta Zanclea.
Manuel una notte di qualche settimana fa è dovuto uscire di casa di corsa perché la pioggia si stava portando via le montagne, le strade e le case.
Dice la parola fango e la scandisce bene.
Prendo i primi giochi che trovo in magazzino e lo porto in mezzo alle tende per giocare un po’ a calcio. Ride sereno, Manuel. Si diverte un mondo quando gli parlo a bassa voce, pensa sia un gioco, in realtà è solo perché l’ho persa insieme a tante ore di sonno e di lezioni all’università.
La mia esperienza a Roccalumera è quasi al termine, il due novembre chiuderemo il centro di stoccaggio e non ci saranno più carte e articoli 9 a cui pensare, non ci sarà più nessun Manuel che verrà a distrarmi tra una telefonata e l’altra, non perderò più la pazienza per qualcosa che non trovo, per la mia voce che non esce e per il termometro che ogni tanto segna qualche linea di febbre.
In questo mese sono cresciuta: ho pianto, riso fino allo sfinimento, ascoltato tante storie, condiviso belle emozioni.
Ho scoperto quanto sia bello dare senza volere nulla in cambio. Mi è bastato il sorriso di Jessica il giorno che siamo andate a portarle gli orsacchiotti, gli abbracci degli anziani quando ci raccontavano della loro tragedia dimenticata, gli sguardi d’intesa con Manuela che bastava un attimo per prendere in mano la situazione e gestire meglio le cose che non andavano in segreteria, le risate con Maribella quando contava le calze e “1, 10, 20, 40, 42. Ops, mi sa che ho riperso il conto”.
Ho imparato da questa emergenza che non è importante quanto se ne parli: non importa che non ci sia nemmeno un tg nazionale a parlare di loro, che non ci sia una canzone e un sms solidale. Si lavora lo stesso per tutto il giorno e con tutta la passione e l’amore che abbiamo dentro. Perché anche solo un sorriso, anche solo riuscire a farli pensare ad altro per qualche ora è quello che ci ripaga di tutto.
Sta finendo, ma è bello pensare che un giorno Manuel avrà dimenticato il fango e il suo odore e ricorderà invece quelle strane persone in divisa arancione che non riuscivano a parlare a voce alta e neanche a fare un goal decente.”