Il terremoto del Belice 45 anni anni dopo
di Pino Aceto
Nei giorni 14, 15 e 16 gennaio del 1968 il territorio della Valle del Belice a cavallo tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo, fu colpito da varie scosse sismiche di magnitudo tra il 4.3° e 6.1° grado della scala Richter. Alle 13.28 italiane di domenica 14 gennaio la terra tremò. Altre due scosse alle 14.15 e alle 16.48 spinsero la gente a prepararsi a una notte all’aperto; alle 2.33 di notte una scossa dell’8° (scala Mercalli) sconvolse 14 comuni della Valle del Belice e alle 3.01 un’altra distrusse quello che era rimasto in piedi. La mattina del 15 gennaio si cercò di fare un primo bilancio: nella sola Montevago, uno dei paesi più colpiti, si contarono 200 morti. Insieme all’Esercito, alle prime tendopoli ed agli aiuti disordinati, arrivano le autorità, arrivano in elicottero, si spostano in tutti i paesi; in molti paesi la ribellione dei cittadini senza tetto sarà faticosamente contenuta.
Le prime cifre parlavano di 231 morti e 623 feriti, il numero dei senzatetto individuato dal governo era di 47.761 persone, ma altri lo stimavano in 100 mila. I 14 paesi colpiti avevano tutti tra gli 8 mila e i 13 mila abitanti, e le abitazioni erano in gran parte case rurali, visto che una buona percentuale degli abitanti della Valle del Belice erano contadini. Per organizzare i soccorsi, l’Italia non aveva una legislazione di riferimento in caso di calamità.
Sono trascorsi 45 anni dal terremoto che nella notte tra il 14 e 15 gennaio 1968, sconvolse e distrusse la Valle del Belice. Vorremmo ricordare quel tragico evento, che sconvolse e condizionò un’intera popolazione in una maniera diversa e farne una sintetica riflessione.
Diamo voce al Presidente della P.A. Il Soccorso – Giuseppe Aceto – che nella qualità di Guardia di Pubblica Sicurezza, oltre a essere , come tanti, testimone del tragico evento, se ne rese in qualche modo un piccolo protagonista. Rimase infatti, insieme ad un suo collega, a bordo della FIAT 850 della Polizia, sepolto dalle macerie nel crosso della scossa della notte trovandosi ad intervenire quale soccorritore occasionale, sin dai primi tragici momenti del terribile evento.
Presidente, cosa ricordi di quella notte.
Ero arrivato nelle zone colpite dal terremoto inviato dal Questore, incaricato di foto-documentare l’accaduto, non si era ancora a conoscenza della reale situazione in merito a danni a persone o cose: Ma subito insieme ad altri colleghi già presenti in zona (perchè impegnati nel servizio di Ordine Pubblico per le elezioni comunali a Gibellina) ci siamo attivati per un primo soccorso alla popolazione con distribuzione di primi viveri di conforto di pane e latte caldo e la distribuzione di coperte che nel frattempo arrivavano. Intorno alle due di notte di lunedì mi trovavo a Poggioreale e avendo saputo che era in arrivo un camion carico di coperte del nostro Reparto Celere di Palermo, con il collega autista a bordo della "850" dell’amministrazione ci stavamo portando incontro al camion proveniente da Gibellina e diretto a Poggioreale. Giunti a Salaparuta ci ha sorpreso la forte scossa di terremoto a causa della quale è stato raso a suolo il paese. Il crollo delle abitazioni sulla strada ci sorprendeva e ci intrappolava all’interno della nostra automobile. Probabilmente, posso ancora raccontare l’evento, poiché fortunatamente una grossa trave di legno appartenente al soffitto di una casa prospicente alla strada, nel crollo si disponeva in direzione trasversale alla strada proteggendo il tetto della macchina: il crollo delle costruzioni veniva attutito dalla trave prima di sommergere la nostra macchina.
Lo schiacciamento del tetto da parte delle macerie, comportava la rottura del finestrino laterale permettendomi, dopo qualche minuto, di uscire, scavando nelle macerie, dalla macchina e quindi fuori dale rovine. Aiutavo, dunque il collega a uscire, e grazie all’utilizzo della torcia elettrica in dotazione alla macchina di servizio, ci rendemmo conto della nostra posizione cercando di individuare i punti noti del paese oramai completamente distrutto e pressocché irriconoscibile. Non dimenticherò mai il silenzio surreale che regnava intorno, nel buio, scandito da niumerosi energici altri tremori, di natura tellurica.
Ci rendevamo conto quindi, di essere all’ingresso del paese di Salaparuta. Giungeva, dopo qualche tempo, sul posto, il camion con le coperte che noi aspettavamo. L’autista a bordo del camion non si era accorto della gravità della situazione. A quel punto, ricordo di essere entrato nel panico perdendo i sensi. Ricordo di avere ripreso coscienza di quanto accaduto e mi ritrovai – dopo essere stato a mia volta soccorso dai colleghi intervenuti – nei pressi di Gibellina, dove ero stato portato dal collega con il camion. A Gibellina si erano intanto adunati altri colleghi e cittadini scampati dal crollo delle abitazioni. Ci rendevamo conto di non potere chiedere aiuto, non essendoci più alcun sistema di comunicazione funzionante. Le abitazioni erano crollate, la locale Stazione dei Carabinieri era crollata e gli apparati radio e telefonici non erano più funzionanti.
Come funzionava, al tempo, la gestione del primo intervento.
Esisteva una colonna mobile dei Vigili del Fuoco con sede a Roma e dei distaccamenti locali. Insieme alla Pubblica Sicurezza costituita da Polizia e Carabinieri, e tutti, dipendevamo dalla Prefettura. Il comando delle operazioni sul posto veniva affidato al più alto in grado presente sul posto delegato dal Prefetto.
Come seppero in casa che eri stato dato per disperso?
La mattina all’alba con l’arrivo dei soccorsi provenienti dalle località vicine, per la perlustrazione della zona alla ricerca di eventuali feriti, dei soccorritori udivano le conversazioni radio provenienti dall’autovettura sepolta. Veniva identificato il mezzo e iniziavano le operazioni di soccorso nel tentativo di trovarci noi feriti o addirittura deceduti all’interno della vettura. Il protocollo fu, nell’immediato di comunicare al nostro commando che eravamo dispersi.
La notizia pervenne in casa a mezzo dei notiziari radiofonici, i cui corrispondenti sul posto, appresa la notizia della macchina della Polizia sepolta da macerie, comunicò anche i nominativi dei due dispersi che potenzialmente potevano trovarsi a bordo.
Chi si occupò delle vostre ricerche?
dalla Questura tutti i colleghi liberi dal servizio furono inviati nelle zone terremotate alla ricerca del personale presente in zona ed accertare cosa potesse essere accaduto ai dipendenti.
Quanto tempo ci volle a mettere a regime la macchina dei soccorsi?
Essendo inesistente una organizzazione di Protezione Civile i soccorsi erano molto lenti e venivano prestati dalle forza dell’ordine e dai Vigili del Fuoco. La macchina dei soccorsi è stata molto complicata per causa della viabilità interrotta e dei mezzi di comunicazione non piu funzionanti. Dopo qualche giorno, si aggiunsero a noi nelle operazione di soccorso alla popolazione Esercito e Marina.
Credi che quanto Ti è successo, possa avere condizionato il fatto che Ti sia impegnato nel volontariato?
Certo. Il fatto di potere ancora dare il mio modesto contributo a chi ha bisogno di aiuto, alla luce di quanto ho visto con i miei occhi è stata una delle ragioni che mi ha spinto ad adoperarmi a lavorare in questo meraviglioso mondo di solidarietà e professionalità del Volontariato.
Che cosa è adesso la Protezione Civile?
Adesso, la Protezione Civile è cosa diversa. Un meccanismo perfetto. Allo scattare dell’evento calamitoso, e nel giro di pochi minuti, si sa esattamente cosa e dove è successo. Esperti stimano lo scenario e ne preparano le manovre di intervento valutandone in via teorica anche i danni. Centinaia di migliaia di uomini con migliaia di mezzi di soccorso sono pronti ad intervenire già dopo le prime ore. I rischi degli eventi, sono pressoché prevedibili. Ma una cosa è cambiata: la popolazione è cosciente dei rischi e ne conosce le basi di prevenzione. Questo anche grazie alle numerose Associazioni di Volontariato presenti su tutto il territorio nazionale. Sono passati molti anni e moltissimo è cambiato.
Sono trascorsi 45 anni dal terremoto che nella notte tra il 14 e 15 gennaio 1968, sconvolse e distrusse la Valle del Belice, a distanza di tanti anni si apprende che lo scorso 10 ottobre l’Ufficio regionale per gli Idrocarburi e la Geotermia ha dato il primo via libera – nel silenzio più assoluto – alla società Enel Longanesi Developments, costola del gruppo Enel Trade, di effettuare ricerca di idrocarburi, petrolio e gas naturale nella Valle del Belice. Questo potrebbe sconvolgere e condizionare, ancora una volta, la vita di un’intera popolazione, anche in questo caso in maniera diversa. Ma questa è un’altra storia, che qualcuno dovrà spiegarci prima che avvenga.